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La(dis)avventura con l'amata Fiat500
Torna alla galleryRicordo il lontano 1969, era febbraio e frequentavo l'università di Cagliari, avevo 24 anni e pochi soldi in tasca. Mio padre era operaio ed eravamo sei fratelli. Da qualche mese ero riuscito a trovare un lavoretto part-time per potermi mantenere agli studi e per poter acquistare la mitica Fiat 500 che sognavo di possedere da lungo tempo e che comprai a rate. Pochi mesi prima, nell'agosto 1968, avevo conosciuto Lilly. Era molto bella e me ne innamorai.
Da allora i fine settimana erano fatti di incontri a tre: io, Lilly e la Fiat 500, che ci portava in giro per la città e per le campagne circostanti. Nella 500 parlavamo, ascoltavamo musica, mangiavamo, ci baciavamo, bisticciavamo, facevamo la pace...
Una domenica, era appunto il mese di febbraio, facemmo una gita a Capuomu, una località molto piacevole a circa 30 Km dalla città. Posteggiai la 500 nelle vicinanze di un torrente per fare una gita sul greto del fiume e raccogliere alcune radici contorte che lo scorrere dell'acqua aveva levigato. Più in là, in un'ansa del torrente, c'erano dei bei sassi lisci e grandi. Lilly volle prenderne alcuni perché, diceva, avremmo creato nella nostra casa (che per il momento esisteva solo nei nostri sogni!) un angolo caratteristico. Misi sassi e radici sul sedile posteriore della 500. Come sempre dopo queste passeggiate rientravamo in città con molta allegria, il motore della 500 cantava e spesso aprivamo il tettuccio per far entrare i profumi della campagna. Erano momenti di pura felicità e il viaggio di ritorno diventava un coro polifonico: il cambio della 500 faceva sentire il suo rumore mentre noi cantavamo a gran voce le canzoni di Battisti.
Accompagnai Lilly a casa, lei scaricò le radici, e ci lasciammo felici per la bella giornata trascorsa insieme. I sassi rimasero sul sedile posteriore: era tardi e mi ero ripromesso di scaricarli il giorno seguente. Rientrai a casa dopo aver posteggiato la 500 nello slargo del vicolo dove abitavo.
Il giorno seguente intorno alle otto del mattino, mentre facevo colazione, suonarono alla porta: mia madre aprì e si trovò di fronte due carabinieri in divisa che, in modo perentorio, le chiesero di poter parlare con Antonello Farris. La mamma rientrò in cucina tremante e mi disse di correre alla porta. Raggiunsi l'ingresso molto impaurito e i due carabinieri mi ordinarono di seguirli. Salii frastornato sulla loro auto e solo allora mi accorsi che nello slargo la mia 500 non c'era più. Nei minuti che seguirono pensai a tante cose: a Lilly, alla 500, a mia madre. Fui condotto nel quartiere alto della città: in una piccola piazza c'era la mia 500 malamente posteggiata, con le portiere aperte, e con i grossi sassi in vista nel sedile posteriore.
Subii un lungo interrogatorio, lì sulla piazza dentro l'auto dei carabinieri. Gli elementi di sospetto c'erano tutti: erano gli anni della contestazione studentesca, ero studente universitario, conservavo grossi sassi nell'auto, vestivo con jeans, giaccone, portavo capelli lunghi e barba di qualche giorno. Insomma i carabinieri sospettavano che i sassi servissero per organizzare disordini in facoltà o in qualche corteo studentesco. Io raccontai loro la ragione della presenza di quei sassi. Dissi che la mia cara Lilly era fatta così... in campagna amava raccogliere tante cose. I sassi furono caricati sull'auto dei carabinieri e tornammo a casa. Anche i miei genitori furono interrogati dai carabinieri. Io attesi fuori dalla camera con molta apprensione: pensai di essere fermato a lungo... dopo circa quindici minuti la porta si aprì ed uno dei carabinieri mi sorrise e disse: "Vai a prendere la tua 500 e dì a Lilly che in campagna si limiti a raccogliere fiori...!"
Il mio racconto e le nostre facce di brave persone avevano convinto i carabinieri che non ero da considerare un terrorista. Tirai un sospiro di sollievo e corsi a riprendere la 500 tremando dall'emozione.