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Bidone e bigodini

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Antonietta Casini | 13/02/08

“Finalmente sei venuta a trovarmi, cocca!” Eccola, con l’immancabile sottoveste di pizzo nera, la sigaretta in mano e i capelli cotonati. Mia zia mi apre la porta e m’invita ad entrare. Nei miei occhi di bimba di provincia tutta l’ammirazione per un prodigio di bellezza come lei e nella mia testa una sola domanda “sarò bella come lei da grande?”.

Il giradischi acceso infonde nella casa le note di qualche pezzo di Claudia Mori che forse arrivano anche in cortile, visto che le finestre sono aperte. Non si può dire che la casa di mia zia sia curata: il lavandino straborda di piatti sporchi, il letto è da rifare, il posacenere è pieno di cicche, il frigo è deserto. Nulla a che vedere con l’ordine rassicurante che si respira a casa mia, dove tutto è sempre a posto e si respira il profumo della torta appena sfornata. Mia zia non si agita se la casa è in disordine. Quando sono qui l’unica cosa che le interessa è condurmi alla toeletta, una di quelle vecchie con la brocca per l’acqua, lo specchio rettangolare e il ripiano di marmo bianco. Lì, prima si siede lei a truccarsi con l’ombretto azzurro e l’eyeliner nero, poi mi lascia accomodare per pettinarmi e mettermi il profumo. Le è sempre piaciuto legarmi i capelli utilizzando nastri di raso rosso. La luce di primavera riempie la stanza di un’atmosfera ovattata.

Non ho mai visto mia zia fare qualcosa di diverso dal truccarsi. Anzi, una cosa la faceva. Alcune volte estraeva dal ripostiglio vicino alla scala un bellissimo Bidone Aspiratutto color verde militare. Vanitosa ed egocentrica anche in questo non esitava a farsi ammirare al lavoro, trascinandosi per la casa quel meraviglioso esempio di progresso col sottofondo di una canzone di Celentano.

A quei tempi il Bidone Aspiratutto era il sogno delle casalinghe: non solo per la sua eccellente funzionalità ma anche perché erano di moda certe pubblicità illustrate, piccoli capolavori d’ingegno e creatività dal forte senso ironico che ne avevano accresciuto il valore emozionale. Nelle pagine dei giornali brillavano scenette comiche e teatrali in cui era rappresentata la potenza del Bidone Aspiratutto alle prese con missioni improbabili, ben lontane dalle comuni pulizie della casa. E a dire il vero anche le rappresentazioni delle casalinghe erano spesso piuttosto lontane dalla realtà: di norma venivano raffigurate donne seducenti e rassicuranti al contempo, con sorrisi ingenui colorati di un discreto e malizioso rossetto rosso, capelli perfetti, silhouette invidiabili.

Mia zia, con la sua bellezza alla Claudia Cardinale e la sua incapacità di fare qualsiasi cosa non rientrasse esattamente in questo stereotipo, forse aveva addirittura qualcosa in più. Qualsiasi cosa toccasse si trasformava magicamente in simbolo di bellezza e femminilità. Nella mia testa i piatti sporchi erano femminili, la cuffia azzurra per la doccia era femminile, la moquette verde impolverata era femminile, le ciabatte abbandonate nel disordine erano femminili.

Così, nella mia mente anche un oggetto così evidentemente sobrio, funzionale, essenziale, quasi spartano come il Bidone, si era trasformato in maniera irreversibile in un simbolo della femminilità, e io lo avrei associato per sempre ai bigodini di plastica giallo tenue che mia zia indossava quotidianamente.

E oggi, con trenta anni in più e una casa mia, il sabato mattina mi sveglio di buon’ora, mi metto il profumo, metto un CD di Mina e passo l’aspirapolvere: ovviamente un Bidone Aspiratutto color verde militare.